Il Tempo E' Il Solo Nemico by Michael Bishop

Il Tempo E' Il Solo Nemico by Michael Bishop

autore:Michael Bishop [Bishop, Michael]
Format: epub, mobi
pubblicato: 2010-02-06T14:00:00+00:00


CAPITOLO VENTUNESIMO

BLACKWATER SPRINGS, FLORIDA

luglio 1985

Nel tardo pomeriggio del giorno dopo la conferenza di Alistair Patrick Blair a Pensacola, Joshua si trovava in una piccola località diversi chilometri a nord dell'immenso campo per le esercitazioni d'artiglieria della base Eglin dell'Aeronautica, e dipingeva una torre per l'acqua. Era sospeso tra il ventre sferico del serbatoio, su un'imbracatura di funi tesa quasi orizzontalmente rispetto al suolo, quando vide un veicolo blu che entrava in Blackwater Springs da sud-est. Mentre verniciava pigramente una robusta trave d'acciaio, seguì l'automobile con la coda dell'occhio. Il suo movimento sulla strada era in netto contrasto con l'ostinata mancanza d'animazione del paesino. Finora, l'avvenimento più emozionante della giornata aveva avuto come protagonista un branco di cani. Litigando ferocemente tra loro, i cani avevano seguito una cagna bastarda zoppa nel vicolo dietro l'Okaloosa Café. Si potevano vedere molte cose, da trenta metri d'altezza, ma a Blackwater Springs non tutto ciò che si vedeva era edificante.

Joshua lavorava per la Gulf Coast Coating, Inc., una ditta di Fort Walton che provvedeva a smerigliare, verniciare e a volte a saldare con la fiamma ossidrica una quantità di grosse strutture metalliche. Serbatoi per l'acqua. Ponti. Attrezzature per miniere. Torri. Joshua ci lavorava da sei anni, da quando era scappato di casa ed era tornato da New York alla Florida. Sebbene controllasse per abitudine la cintura di sicurezza prima di cambiare altitudine sotto il serbatoio, da molto tempo non aveva più paura di cadere. La regola fondamentale per il meccanico dei serbatoi d'acqua era tenere in funzione il cervello. Di solito Joshua lo faceva e per questa ragione, oltre che per Sa sua esperienza, era probabilmente il più abile dipendente della Gulf Coast Coating, Inc.

E lassù era agile come Tarzan.

Così diceva di lui Tom Hubbard, il presidente dell'azienda. Hubbard conosceva il valore di Joshua, e Joshua sapeva che Hubbard lo sapeva, e di conseguenza a volte si prendeva certe libertà con l'orario di lavoro o faceva commenti ironici sul fiuto affaristico del principale. Se Hubbard si arrabbiava e lo licenziava, Joshua aveva la certezza che l'avrebbe riassunto dopo una settimana o due, purché lui si fingesse pentito e chiedesse di riprendere il suo posto. In sei anni, Hubbard l'aveva licenziato e riassunto quattordici volte. Era un gioco che legava i due uomini in una risentita dipendenza reciproca.

Di recente, però, l'insoddisfazione di Joshua aveva incominciato a superare quella del principale. Aveva capito che non sarebbe mai diventato padrone d'una ditta come quella. O di un'altra ditta. Se avesse continuato a giostrare in su e in giù così imbragato, il futuro gli avrebbe riservato altri trent'anni di lavoro come trapezista in tuta blu, fino al giorno in cui il suo cervello avesse fatto cilecca e lui fosse precipitato da trenta metri o avesse toccato con la pistola a spruzzo un cavo dell'alta tensione, fulminandosi. Con l'andare del tempo, la fortuna e la destrezza l'avrebbero abbandonato.

Se fosse sopravvissuto, avrebbe finito per sembrare una versione nera del povero vecchio R.K. Cofield. Cofield era un sessantenne dell'Alabama che, in quel



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